IL CARAVAGGIO TRAFUGATO
RAI TRE – REGIA DI GIUSEPPE GIGLIOROSSO TRAMA
È il 18 ottobre del 1969 e siamo a Palermo, nell’oratorio di San Lorenzo, che diverrà in seguito l’oratorio più famoso di Sicilia. Intorno alle tre del pomeriggio un custode entra nell’oratorio e si accorge che la pala “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi” del Caravaggio, dipinta nel 1609, è sparita. Trafugata, rubata. Nessuno saprà mai più nulla di quel quadro. È uno dei furti d’arte più famosi di sempre: il capolavoro del Caravaggio, tra i meglio conservati, non era stato messo in sicurezza. E la storia vera, che non fu mai ricostruita, lasciò spazio lentamente alla leggenda e al mito. Il furto della Natività è ancora oggi presente nella lista dei primi dieci crimini d’arte dell’Fbi.
Nel corso degli anni la pista più battuta dagli investigatori era quella mafiosa, e a parlare spesso del Caravaggio erano gli stessi i pentiti di mafia: secondo Brusca, il furto è da imputare ai corleonesi, e fu usato come merce di scambio per un alleggerimento del 41 bis. C’è chi dice che il quadro fu seppellito insieme con i tesori del boss Gerlando Alberti. Secondo altri, a tenere il capolavoro in casa era il boss Gaetano Badalamenti, mentre per Spatuzza la tela fu abbandonata in una stalla in attesa di un piazzamento sul mercato nero, rovinata da porci e ratti. C’è un bel libro che ricostruisce i due aspetti della cronaca del furto, si chiama “Il Caravaggio rubato” (Sellerio). Nel volume, Luca Scarlini cita anche l’ultimo romanzo breve di Leonardo Sciascia, “Una storia semplice”, ispirato proprio al giallo della Natività di Caravaggio. Nel libro “The Caravaggio Conspiracy” (1984) il giornalista inglese Peter Watson racconta la sua avventura con Rodolfo Sievero alla ricerca del quadro perduto. Sembra che un mercante d’arte gli avesse proposto l’acquisto del capolavoro, ma la sera dell’incontro con i trafficanti, il 23 novembre del 1980, il terremoto dell’Irpinia mandò a monte l’operazione.
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